La rutilante galassia del videogioco: oltre a milioni di zombie uccisi in digitale e migliaia di pericolose corse in macchina, acrobatiche partite di calcio e di altri sport, voli in aereo più realistici della realtà, un settore la cui rilevanza economica non può più essere un mistero nemmeno per i suoi detrattori più ostinati. Volumi d’affari ormai superiori al settore del cinema e a quel che resta della discografia messi insieme, una penetrazione ormai capillare praticamente in tutte le fasce sociali e un sostanziale equilibrio fra i sessi dei suoi fan.
Secondo gli ultimi dati ufficiali di IIDEA (Italian Interactive Digital Entertainment Association, l’associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia, prima nota come AESVI), 17 milioni di persone hanno giocato a qualche videogioco nel 2019, ovvero il 39% della popolazione italiana tra i 6 e i 64 anni, di cui il 53% sono uomini, quindi ben il 47% sono donne e circa il 20 sono oltre i 40 anni d’età. Ciò a smentire lo stereotipo secondo cui il videogiocatore-tipo sarebbe sempre il nerd brufoloso, occhialuto, schermo-dipendente e tendenzialmente asociale che l’aneddotica dipinge.
Un settore che non solo ha fornito al cinema saghe di successo poi tradotte in film (da Lara Croft a Resident Evil e Silent Hill), ma il cui sviluppo tecnologico ha ormai avuto un tale sviluppo che senza le sue conquiste nella CGI e nell’animazione 3D oggi il 90% dei film non sarebbe neppure concepibile: infatti, non solo le avventure dei supereroi, le ambientazione nelle “Terre di mezzo”, astronavi e mostri oggi sono perlopiù realizzati in digitale, ma anche i cieli nuvolosi o stellati di un film di Allen o Moretti, i colori pop di Almodovar e persino i finti graffi sulla pellicola vintage di Tarantino sono frutto di applicazioni digitali.
Parimenti, i videogiochi hanno talmente sviluppato dinamiche narrative squisitamente cinematografiche e psicologie dei personaggi da rappresentare ormai veri e propri “film in digitale” in cui è il giocatore a decidere lo sviluppo della trama (e, come abbiamo già scritto, ospitano noti divi digitalizzati, producono colonne sonore da hit parade e pubblicizzano brand famosi); tanto quanto i film blockbuster più spettacolari appaiono sempre più come dei “videogiochi” in cui solo i primi piani degli attori sono girati “al naturale” (oggi si dice in live action).
È dunque giunto il videogioco allo status pienamente maturo di “ottava arte”? E come affrontano i suoi protagonisti l’attuale fase di (più o meno stretto) lockdown, che per quel business in realtà rappresenta un’opportunità di vendite a due cifre? Sony ha lanciato in novembre la PS5, Microsoft con Xbox ha acquisito uno studio di produzione come Bethesda, fucina di giochi “da tripla A”, e con l’Xbox Game Pass propone ai videogiocatori un servizio in streaming in modalità “simil Netflix”.
Di tutto ciò (e di molto altro, in verità) s’è parlato nel corso della Finestra di Antonio Syxty di giovedì 10/12 con Cedric Mimouni, Responsabile di Xbox per l’Area Mediterranea (Italia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro) del colosso di Redmond, nonché consigliere della citata IIDEA.
Qui sotto vedete il podcast completo della chiacchierata.